Villaggio della Rivoluzione Fascista (1936-1938)

Nel 1936 Bologna aveva raggiunto i 277.118 abitanti, quasi il doppio rispetto a 35 anni prima. La sistemazione di così tante persone aveva visto il fiorire di cooperative di costruzione tra dipendenti pubblici, postelegrafonici, professionisti, operai, ecc. che univano gli sforzi per costruire edifici dove alloggiare, magari a riscatto. Altri, invece, avevano dovuto affidarsi all'attività dello IACP (Istituto Autonomo Case Popolari), che operava dal 1906. In particolare, dal 1923 l'attività edilizia di quello che, intanto, era divenuto IFACP si era impennata realizzando, fino al 1931, 1691 alloggi, senza tuttavia riuscire a soddisfare tutte le richieste. Nel 1934 viene bandito un nuovo concorso per la progettazione di tre nuclei di case popolari (via Vezza, via Scipione del Ferro e via Pier Crescenzi). Vince il progetto presentato dal gruppo milanese Albini, Camus, Palanti, ma è ritenuto “eccessivo” per la realtà locale e a Francesco Santini (1904-1976) è affidato il compito di rivederlo. Santini, che nel '37 si laureerà a Roma, divenendo anche allievo di Piacentini, inserisce nei suoi progetti quelli che il fascismo ha accettato come valori di modernità: le finestre grandi per ricevere più sole e aria, che danno igiene e salute, l’uso del mattone di rivestimento, la distinzione cromatica degli elementi della facciata o l'estetica essenziale, in contrasto con il decorativismo, associato alla “decadenza democratica”. Santini si rifà anche all'idea di casa minima e di Siedlung, di ispirazione tedesca, proponendo lunghi blocchi appaiati ben soleggiati e di tipo intensivo. La casa operaia di tipo ottocentesco, a corte e con vaghi rimandi classicisti, è superata.

L'inaugurazione degli edifici di via Vezza avviene alla presenza del Duce, in occasione della sua visita a Bologna il 26 ottobre 1936. Durante tale visita Mussolini ha modo di apprezzare anche il progetto per una nuova realizzazione, sempre affidata al Santini, che sta particolarmente a cuore al PNF locale: il cosiddetto “Villaggio della Rivoluzione Fascista”, caldeggiato già da tempo dall’ex segretario e podestà Arpinati per premiare le famiglie “benemerite”di feriti, mutilati e caduti per la causa della Rivoluzione fascista. L'opera viene considerata “densa di profondo significato politico e patriottico” e sebbene fosse stata presa in carico dall’IFACP e classificata, quindi, nell'ambito delle case economiche, gli standard sono mantenuti molto alti. Al posto delle realizzazioni di tipo intensivo, si crea una città giardino. In posizione decentrata ma non troppo, visto che all'epoca, come si vede da alcune foto, dal lato verso la città la zona era già stata quasi tutta edificata, in “sede degnissima”, prevede una superficie coperta occupante solo il 18% dell'ex parco di villa De Lucca, in mezzo ad alberi ad alto fusto che saranno in buona parte salvaguardati. L'area, vicina al Littoriale, è di proprietà delle ex coop Pineta e Zangheri, e viene ceduta dal Comune a titolo gratuito; nonostante ciò, i costi di realizzazione saranno molto alti: ben 10.770 lire in media a vano, quando un vano nelle case “popolarissime” era costato L. 3.342 e in quelle popolari, costruite nel ’39, L. 5.700.

Nel “Villaggio” si creano 78 abitazioni, 22 delle quali in 11 villette bifamiliari, composte da 6 vani, cucina, 2 bagni più seminterrato con garage, le altre in 5 fabbricati di 3 piani. La zona è servita anche da un asilo di 20 locali pensato per ospitare 60 bambini e dotato dell'area verde di maggior ampiezza. Le parole entusiaste che il Della Rovere spende sulla rivista del Comune per queste case tutt’altro che “economiche” sono molto chiare: “Si hanno quindi […] alloggi adatti per tutte le famiglie borghesi, dalle più numerose a quelle ridotte.[…]” (1936). Del resto, villette, viali curvilinei ad effetto e vecchie piante sono il minimo per una realizzazione di grande decoro per il fascismo bolognese. Non solo, l'operazione viene salutata come meritoria anche perché, oltre a salvare l’area dalla piaga delle costruzioni intensive e dalla speculazione commerciale dei privati, è caratterizzata da unità stilistica, architettonica e urbanistica. Tuttavia, l’essenza meramente propagandistica di questa ipotetica anticipazione di un nuovo assetto urbanistico si rivela nel fatto che rimarrà un caso isolato. Non solo, al luglio 1939 una decina di abitazioni erano ancora sfitte e si erano registrati già 10 casi di morosità (al ’35 il 36% degli affittuari IACP erano morosi). Il fatto che la tipologia delle abitazioni del patrimonio immobiliare pubblico, comprese queste del “Villaggio”, fosse fortemente sbilanciata verso il ceto medio non aiutava ad andare incontro alle vere esigenze della popolazione.

Maria Chiara Liguori

Alessandro della Rovere, Una piccola città giardino a Bologna, in «Il Comune di Bologna», nov-dic 1936
Carlo Savoia, Il Villaggio della Rivoluzione, in «Il Comune di Bologna», giu-lug 1939
Giuliano Gresleri, Francesco Santini e le case popolari, anzi «popolarissime», degli anni Trenta, in R. Renzi (a cura di), Il sogno della casa: modi dell'abitare a Bologna dal Medioevo ad oggi, Bologna, Cappelli, 1990
Istituto Fascista Autonomo per le case popolari della Provincia di Bologna al 3. Convegno Nazionale fra gli istituti fascisti autonomi provinciali per le case popolari, Bologna, IFACP, 1939
Marco Giardini (a cura di), Per Bologna, novant’anni di attività dell’Istituto Autonomo Case Popolari 1906-1996, Bologna, IACP, 1996

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Assonometria del Villaggio della Rivoluzione (Archivio fotografico Acer)

Assonometria del Villaggio della Rivoluzione per la “Mostra della rivoluzione” del 1937 a Roma (Archivio fotografico Acer)


Foto aerea, 1933 (Archivio fotografico IBC)

Foto aerea dell’area vicina allo Stadio dove sarà edificato il Villaggio della Rivoluzione, 1933 (Archivio fotografico IBC - Istituto per i beni artistici, culturali e naturali Regione Emilia-Romagna)


Foto aerea 1937 (Archivio fotografico IBC)

Foto aerea del 1937. Sono già visibili i lavori di tracciatura delle strade (Archivio fotografico IBC - Istituto per i beni artistici, culturali e naturali Regione Emilia-Romagna)


Vista a volo d’uccello del Villaggio completato (Archivio fotografico Acer)

Vista a volo d’uccello del Villaggio completato. L’area tra il Villaggio e la città è ormai completamente urbanizzata (Archivio fotografico Acer)


Il federale con il podestà e gli associati visitano il Villaggio (Archivio fotografico Acer)

Il federale con il podestà e gli associati visitano il Villaggio (Archivio fotografico Acer)


Villetta con due appartamenti (Archivio fotografico Acer)

Villetta con due appartamenti (Archivio fotografico Acer)


Villaggio della Rivoluzione, cortile giardino di una villetta (Archivio fotografico Acer)

Villaggio della Rivoluzione, cortile giardino di una villetta (Archivio fotografico Acer)