Il fascismo a Bologna

Il pomeriggio del 21 novembre 1920, all’indomani delle elezioni che avevano visto la vittoria del partito socialista e la nomina a sindaco di Bologna dell’esponente della frazione comunista Enio Gnudi, centinaia di squadristi armati assalirono il Palazzo del Comune, causando la morte di un consigliere di minoranza e di dieci socialisti e ferendone altri cinquanta. In seguito al rifiuto di Gnudi di assumere la carica di sindaco, il prefetto decise di inviare a Bologna un commissario e sciogliere il consiglio comunale eletto da poco. L’episodio segnò l’inizio della conquista della città da parte del fascismo, marcata da una serie di spedizioni punitive contro oppositori socialisti e contro la Camera del Lavoro, le case del popolo e le cooperative. La maggioranza dei dirigenti del movimento operaio subirono la violenza fascista, il carcere o il confino.

Il fascismo bolognese si presentava come un movimento prevalentemente cittadino, e ottenne ben presto l’appoggio della borghesia e dei ceti medi professionali, commerciali, artigianali e dei piccoli proprietari. Leader indiscusso del fascismo bolognese fu Leandro Arpinati, che dopo un passato da militante anarchico era divenuto il protagonista della stagione dello squadrismo. Dino Grandi, imolese sostenitore di un fascismo più moderato, trascurò ben presto la politica cittadina per lanciarsi nell’arena nazionale. Fu dunque Arpinati (in veste di federale di Bologna) ad accogliere Mussolini in occasione della sua prima visita a Bologna il 31 ottobre 1926: il proiettile sparato al Duce dal presunto attentatore Anteo Zamboni diede a Mussolini il pretesto per emanare le leggi eccezionali.
La fedeltà di Arpinati venne premiata nel 1927 quando venne nominato podestà di Bologna, carica che ricoprì fino al 1933. Gli anni del governo di Arpinati furono caratterizzati da una serie di interventi sulla struttura urbana, atti ad aumentarne la popolarità: la costruzione del Littoriale e dell’ippodromo dell’Arcoveggio, l’apertura della Fiera e la costruzione di nuove case popolari e dell’Istituto di cultura fascista. L’attività del podestà non mancava di essere costantemente celebrata sulla pagine de «Il Comune di Bologna», la rivista dell’amministrazione bolognese che, a partire dal 1926, venne in un certo senso “fascistizzata”. Sulla copertina fu inserito il fascio littorio e si avviò la pubblicazione di una nuova rubrica Vita fascista, in cui venivano fornite notizie sulle attività del partito e delle varie Case del Fascio, il cui compito era quello di “controllare” la vita dei singoli cittadini. In un articolo del 1926 Arpinati veniva descritto come «uomo magnifico, dalla fede incrollabile, dalla coscienza adamantina, dall’animo buono e limpido come quello di un poeta o d’un bimbo, dall’attività geniale, instancabile e febbrile». («Il Comune di Bologna», anno XII, n. 12, dicembre 1926)
Nel 1927 Mussolini celebrò la Bologna di Arpinati definendo il fascio di Bologna come «fedele Decima Legione».

Quella di Arpinati fu tuttavia una figura particolare, che aveva conservato alcuni dei tratti del fascismo sansepolcrista, anticlericale e liberista e che non mancava di mostrare delle opposizioni alla politica ufficiale del Partito; nel 1929 fu chiamato a ricoprire la carica di sottosegretario al Ministero dell’Interno, ma agli inizi degli anni Trenta osteggiò apertamente la scelta corporativista del regime e Mussolini lo obbligò alle dimissioni per poi inviarlo al confino. A sostituire Arpinati nella carica di podestà nel 1929 fu chiamato l’avvocato imolese Antonio Carranti, con l’impegno di proseguire l’opera del predecessore. Carranti procedette in effetti nel piano di rinnovamento urbanistico della città: all’inizio del 1930 veniva completata la sistemazione di via Ugo Bassi, dove trovava collocazione la sede dell’Istituto Nazionale Immobiliare. Nell’aprile del 1930, in seguito alla morte improvvisa di Carranti, Battista Berardi assunse prima le funzioni di Commissario prefettizio, poi, da luglio, quelle di Podestà. Il susseguirsi dei diversi podestà non interruppero quella che era diventata la manifestazione principale della Bologna fascista: la Fiera del Littoriale, vetrina dell’attività economica della città e provincia (le esposizioni fieristiche erano sempre accompagnate da eventi collaterali quali concerti, gare sportive, concorsi ippici). La ricerca del primato della città a livello anche nazionale fu una costante di tutta la propaganda delle amministrazioni che si susseguirono nel decennio, un primato cercato nel campo della cultura, dell’urbanistica, dell’edilizia popolare.

Il 28 settembre 1933 ci fu un altro cambio alla guida del Comune con la nomina nella carica di podestà di Angelo Manaresi, celebre avvocato, amante della montagna e un “fascista della prima ora”, come veniva descritto sulle pagine della rivista del Comune. Nel 1931 vennero avviati i lavori per il Sepolcreto dei Caduti alla Certosa, che doveva assumere anche dei forti connotati retorici e politici. L’architetto Arata cominciò il lavori nell’area del Chiostro VI della Certosa, dove doveva trovare spazio anche monumento-ossario ai caduti della grande guerra. Nell’ottobre del 1932 erano iniziati solamente i lavori per l’ossario,mentre poteva essere inaugurato il sepolcreto ai fascisti. Negli anni successivi l’amministrazione bolognese si impegnò in lavori di riassetto del tessuto edilizio cittadino, in particolare nel rilancio dell’edilizia popolare. Nel 1936, su iniziativa dell’Associazione Fascista Caduti, Mutilati e Feriti per la causa della Rivoluzione, veniva avviato il progetto di creazione di una nuova città-giardino in un’area posta vicino al Littoriale, terminato nel 1939. Il 10 luglio 1939 divenne podestà l’avvocato Cesare Colliva, soldato nella prima guerra mondiale, ferito durante i fatti di palazzo d’Accursio, responsabile di varie organizzazioni economiche, sindacali e amministrative; simbolo della sua amministrazioni fu l’inaugurazione del mercato ortofrutticolo. L’amministrazione Colliva terminò il 14 settembre 1939.

Elena Musiani

Bologna, a cura di Renato Zangheri, Roma-Bari, Laterza, 1986
Bologna dall’unità alla liberazione, a cura di Walter Tega, volume quarto de Storia illustrata di Bologna, Milano, AIEP, 1990
Bologna. Atlante storico delle città italiane, a cura di F. Bocchi, vol. IV, Giovanni Greco, Alberto Preti, Fiorenza Tarozzi, Dall’età dei Lumi agli anni Trenta (secoli XVIII-XX), Bologna, Grafis edizioni, 1998.

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Pugnale da ufficiale (modello 1935) del Partito nazionale fascista (Museo civico del Risorgimento di Bologna)

Pugnale da ufficiale (modello 1935) del Partito nazionale fascista (Museo civico del Risorgimento di Bologna)


4 giugno 1939, Festa dello Statuto (Museo civico del Risorgimento di Bologna)

4 giugno 1939, Festa dello Statuto (Museo civico del Risorgimento di Bologna)


Leandro Arpinati, «Il Comune di Bologna», anno XVI, n. 1, gennaio 1929

Leandro Arpinati, «Il Comune di Bologna», anno XVI, n. 1, gennaio 1929


«Il Comune di Bologna», anno XIV-anno VI, n. 1, 1 gennaio 1928

«Il Comune di Bologna», anno XIV-anno VI, n. 1, 1 gennaio 1928


«Il Comune di Bologna», anno XIII, n. 6, giugno 1927

«Il Comune di Bologna», anno XIII, n. 6, giugno 1927


«Il Comune di Bologna», anno XVII, n. 3, marzo 1930

«Il Comune di Bologna», anno XVII, n. 3, marzo 1930