Gli italiani a tavola

L’Italia degli anni ‘30 è ancora un paese dalla dieta povera, con forti disparità sociali, economiche, geografiche e di tradizione culturale locale.

Nonostante le critiche dei futuristi, che tacciano la pasta di essere cibo da rammolliti nel loro manifesto del 1930, i carboidrati, pasta compresa, costituiscono ancora il pilastro fondamentale della dieta nazionale, arrivando a rappresentare l’80% dell’apporto calorico giornaliero per gli abitanti del Mezzogiorno, mentre pane e pasta sono esaltati dal regime come sacri. Al 1938 l’italiano è al 18° posto nella graduatoria europea per qualità dell’alimentazione. Ancor prima della proclamazione dell’autarchia, nel marzo del 1936, i consumi di legumi, pomodori, ortaggi, frutta, carne suina e ovina, grassi animali, vino, caffè e anche cereali si vanno riducendo. Carne bovina e olio d’oliva sono rimasti bassi. Lieve aumento per latte, zucchero, pesce, pollame e patate.

La frugalità alimentare è rispecchiata dalla letteratura sull’argomento. Il 15 dicembre del 1929 esce il primo numero della rivista La Cucina Italiana, al motto “mangiar meglio spendere meno”. Del 1933 è il libro Vivere bene in tempi difficili, accompagnato da tante altre pubblicazioni che esaltano un'alimentazione gustosa, sana e parca allo stesso tempo entro la quale si inserisce la retorica autarchica e nazionalista e l’immaginario legato alle colonie. I prodotti nazionali ricevono un valore aggiunto e con essi si compra l’italianità. Nelle pubblicità vengono moltiplicati i richiami patriottici, facendo diventare il cibo fonte di identità. C’è il tentativo di creare uno spazio nazionale dei consumi allargato alle colonie. Come dice Scarpellini, se da un lato l’Italia dell’autarchia è un paese di privazioni, il futuro proposto è roseo, anche grazie alle colonie, evocate in pubblicità di tutti i generi, oltre che dai prodotti coloniali - come il carcadè e il caffè etiopi e le banane somale. L’Africa filtra anche attraverso le marche di caffè, nei nomi dei bar e delle torrefazioni, che aggiungono anche arredi esotici, a rinforzo dell’immaginario colonialista.

La propaganda, impegnata nello sforzo autarchico iniziato a seguito delle “inique sanzioni” del 1935, individua poi una serie di prodotti “autenticamente italici” da promuovere: riso, zucchero, pesce e le stesse banane coloniali, cibo totalmente nuovo per gli italiani dell’epoca. Il quindicinale La difesa della razza, campione del suprematismo ariano ove si collocano naturalmente anche gli italiani, tra le pochissime inserzioni pubblicitarie ospitate sulle sue pagine accoglierà tutti questi prodotti, mentre le banane saranno mostrate in una foto a corredo di un articolo sull’alimentazione degli italiani.

La campagna per il riso, la cui promozione viene accompagnata anche dall’istituzione dell’Ente Nazionale Risi (1931) per migliorarne la produzione e diffonderne il consumo, non riuscirà ad ottenere grandi risultati. Il picco, con 17,6 kg di consumo medio, si raggiungerà solo nel 1941, sospinto dalle esigenze di guerra, per crollare irreversibilmente a fine conflitto. Per il pesce, invece, il consumo tipicamente costiero e meridionale viene vivacizzato con successo con l’inaugurazione di diversi mercati ittici in località dell’entroterra, come il primo aperto nel 1935 a Milano.

Nel frattempo, l’esaltazione del mangiare italiano apre la porta ad una serie di surrogati, come orzo e cicoria al posto del caffè o i legumi in sostituzione della carne. La fine delle sanzioni surrogati e cibi “italianissimi” non spariranno, finendo per confluire nella cucina di guerra, dove in mancanza anche dei surrogati, si dovette fare proprio a meno di tanti cibi. Dal 10 gennaio 1940, infatti, il governo introdurrà il razionamento del cibo con tessera annonaria, colpendo anche pane e farina a partire dall’anno successivo.

Maria Chiara Liguori

Filippo Tommaso Marinetti, Il Manifesto della cucina futurista, in Gazzetta del Popolo di Torino, 28 agosto, 1930.
Clara e Gigi Padovani, Italia buon paese. Gusti, cibi e bevande in 150 anni di storia, BluEdizioni, 2011.
Emanuela Scarpellini, A tavola! Gli italiani in 7 pranzi, Laterza, Roma-Bari, 2012.
Emanuela Scarpellini, L’Italia dei consumi. Dalla Belle Époque al nuovo millennio, Laterza, Roma-Bari, 2008.

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Lo zucchero per lo sportivo, la donnae la preparazione di dolci golosi (Domus, febbraio 1936)

Lo zucchero per lo sportivo, la donna e la preparazione di dolci golosi (Domus, febbraio 1936)


Ovviamente lo zucchero è presentato come ottimo alimento anche per i bambini (La Difesa della Razza, 20 agosto 1938)

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Si cerca in tutti i modi di incrementare il consumo di pesce (La Difesa della Razza, 5 luglio 1939)

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Un altro alimento che si cerca di promuovere è il riso (La Difesa della Razza,

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Un bambino ben pasciuto mangia una banana (La Difesa della Razza, 5 luglio 1939)

Un bambino ben pasciuto mangia una banana (La Difesa della Razza, 5 luglio 1939)


Pubblicità per le banane coloniali, Collettiva banane, 1932 (da Gian Paolo Ceserani, Storia della pubblicità in Italia, Laterza, 1988)

Pubblicità per le banane coloniali, Collettiva banane, 1932 (da Gian Paolo Ceserani, Storia della pubblicità in Italia, Laterza, 1988)