Di caffè e caffettiere

Gli anni ‘30 segnano la svolta nella preparazione del caffè domestico. Per la caffettiera napoletana e per quella, meno diffusa, milanese, si sta avvicinando il Requiem, ma gli italiani ancora non lo sanno e se ne accorgeranno solo a guerra finita.

Nel 1933, infatti, Alfonso Bialetti realizza il prototipo artigianale della Moka Bialetti Express per portare nelle case la stessa bevanda dal gusto e dal profumo intensi che poteva essere gustata solo al bar grazie a macchine professionali. Per parecchi anni Bialetti aveva cercato di risolvere i problemi della sua invenzione, che tendeva a creparsi o addirittura esplodere. Col tempo, due caratteristiche del modello iniziale erano state abbandonate; ovvero la forma convessa della parte del bollitore e il pomolo e la maniglia di legno, in favore di una forma conica e di elementi in plastica.

La Moka è in alluminio, un materiale della modernità al quale l’Italia guardava con grande interesse anche perché “prodotto nazionale”. Tuttavia, al 1929 il consumo di alluminio in Italia era ancora molto lontano rispetto a quello di altri paesi: solo 0,226 kg. rispetto agli 0,62 di Francia e Germania e all’1,14 degli Stati Uniti. Il regime aveva cercato quindi di imprimere uno scatto nel suo consumo, individuandolo come metallo di elezione prima ancora che si avviasse la fase autarchica.

Nel frattempo il caffè, per quanto si fossero diffusi già i surrogati di orzo e cicoria, non aveva patito gli effetti dell’autarchia, sia per via del caffè coloniale proveniente dall’Etiopia sia per quello Brasiliano, dato che il Brasile non aveva aderito alle sanzioni imposte all’Italia dalla Società delle Nazioni.

Gli anni ‘30 sono per l’invenzione di Bialetti anni di scarse soddisfazioni. Lui, del resto, era più un artigiano che un uomo d’affari. Inizialmente vendeva il suo prodotto alle fiere locali del Piemonte e ancora non aveva messo in atto alcuno sforzo per industrializzarne la produzione, condotta su piccola scala. Tra il 1934 ed il 1940 furono prodotti solo 70.000 pezzi.

La guerra, poi, bloccherà tutto. L’alluminio era diventato metallo di uso militare, non più disponibile per scopi civili, e il caffè, che già aveva avuto parecchie integrazioni con i surrogati, sparisce del tutto.

Sarà il figlio di Alfonso, Renato Bialetti, che, tornato nel 1946 dopo anni nei campi di prigionia tedeschi, riprenderà in mano le sorti dell’officina e degli affari, ampliandoli immediatamente. Nel 1950 viene depositato il brevetto e le Moka iniziano quindi ad essere prodotte in una serie completa di modelli, da due a dieci tazze, con mille pezzi al giorno, invadendo l’Italia di pubblicità, raggiungendo il 90% delle case e mandando infine in pensione napoletane e milanesi.

Maria Chiara Liguori

Jeffrey T. Schnapp, The Romance of Caffeine and Aluminum, , in “Critical Inquiry”, Vol. 28 No. 1, Autumn 2001 University of Chicago, pp. 244-269.
Emanuela Scarpellini, A tavola! Gli italiani in 7 pranzi, Laterza, Roma-Bari, 2012.

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Interno domestico cinematografico anni '30, con la caffettiera napoletana in bella vista. Da 'Una giornata particolare' (Ettore Scola, 1977)

Interno domestico cinematografico anni '30, con la caffettiera napoletana in bella vista. Da 'Una giornata particolare' (Ettore Scola, 1977)


Caffè Cirio con caffè brasiliano, indifferente alle sanzioni (Domus, febbraio 1937)

Caffè Cirio con caffè brasiliano, indifferente alle sanzioni (Domus, febbraio 1937)


Scatola in latta Caffeol, surrogato del caffè con orzo e cicoria (collezione privata)

Scatola in latta Caffeol, surrogato del caffè con orzo e cicoria (collezione privata)


Pubblicità per il caffè Cirio disegnata da Depero (Domus, ottobre 1936)

Pubblicità per il caffè Cirio disegnata da Depero (Domus, ottobre 1936)