Il progetto MUVI – Museo Virtuale della Vita Quotidiana - nasce nel 1999 da una riflessione di Donatella Vasetti e Maria Chiara Liguori sui musei anglosassoni dedicati alla vita quotidiana. Questo tipo di museo, attraverso la ricostruzione di interni domestici relativi a varie epoche storiche e ceti sociali differenti, mette in mostra oggetti e fonti storiche ricollegabili alla vita di tutti i giorni. L’alimentazione, l’aggregazione familiare, gli oggetti di uso quotidiano raccontano storie ed esperienze. Gli spazi e la loro utilizzazione raccontano il clima storico, i legami con l’ambiente circostante, i rapporti tra i sessi e le generazioni. Gli oggetti, sia artigianali sia industriali, rendono percepibili anche ai non addetti ai lavori cambiamenti, permanenze e ritorni sociali, culturali ed economici, identità e fratture tra tradizione e modernità e, partendo dal micro, permettono di arrivare a riflessioni sul macro, allargando lo sguardo dalla casa alla società. Si tratta di realizzazioni significative da un punto di vista culturale e didattico, molto utili per avvicinare il vasto pubblico alla storia. Il confronto con la quotidianità del passato attrae ed incuriosisce persone di ogni età e può rappresentare un valido stimolo per ristabilire un flusso comunicativo tra le generazioni. Tuttavia, la realizzazione di allestimenti permanenti è molto impegnativa, sia da un punto di vista economico sia pratico. Si individuarono quindi le tecnologie informatiche come possibile e valida alternativa e un piccolo finanziamento, ottenuto nell’ambito di “Bologna 2000 – città europea della cultura”, permise di avviare il progetto in collaborazione con il VisIT Lab del CINECA. Nel 2001 era stata ultimata la prima fase, comprendente la ricostruzione in Realtà Virtuale di un interno domestico degli anni ’50, storicamente avallata da fonti e schede di approfondimento, e un sito Web ipertestuale e multimediale dedicato alla storia di Bologna dalla fine dell’800 ad oggi. Ma la ricostruzione della casa anni ’50 non completava l’idea di partenza. Nel 2008, grazie a un finanziamento della Fondazione Carisbo è stato possibile ampliare cronologicamente la ricerca attraverso il progetto: “Abitare il quotidiano”, realizzato da Maria Chiara Liguori e Elena Musiani con il coordinamento per la parte storica del Comitato di Bologna dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano e per quella informatica da Antonella Guidazzoli del CINECA. Il progetto ha consentito la ricostruzione di interni domestici per gli anni Trenta e Ottanta del Novecento. Come per la ricostruzione dedicata agli anni ’50, anche per i due nuovi interni domestici si è partiti da edifici realmente esistenti a Bologna. Per gli anni ‘30, in un’ottica tra razionalismo ed ingegneria domestica, è stata scelta una delle villette del “Villaggio della rivoluzione fascista”, dell’architetto bolognese Francesco Santini. La destinazione d’uso delle villette a famiglie di meritori del fascismo ci ha fatto immaginare che, quella da noi riprodotta, potesse aver ospitato un funzionario del PNF distintosi nelle guerre coloniali in Africa Orientale. Alcuni elementi disposti nell’ipotetico studio di quest’uomo, come i trofei abissini, riprodotti a partire da oggetti del Museo del Risorgimento, ne raccontano indirettamente la storia. La casa degli anni ’80, meno drammatizzata, è ambientata invece presso “Le Torri”, il complesso residenziale realizzato tra il 1977 ed il 1980 in via Zago, nel quartiere fieristico, dall’architetto bolognese Enzo Zacchiroli. “Ospita” una famiglia proiettata verso le tecnologie che, in quel decennio, avevano iniziato ad affermarsi con prepotenza e che, al giorno d’oggi, dominano ormai incontrastate le nostre vite. Per dare meglio la misura dell’epoca, abbiamo deciso di ricostruire anche la stanza di un ipotetico adolescente, le cui cose, come dischi, cd e computer, occupano anche altri ambienti della casa. La ricerca degli oggetti utilizzati per arredare le case virtuali in modo funzionale alla narrazione ha dato vita a preziosi contatti con numerosi privati, archivi pubblici e aziendali, biblioteche e fondazioni. Si pensi, per esempio, alla collaborazione offerta da Villa Necchi Campiglio di Milano, di proprietà del FAI, che ci ha consentito di riprodurre diversi arredi per la casa degli anni ’30. Naturalmente, sono stati scelti tra i pezzi impiegati nelle cucine, nell’office o in altri ambienti di servizio, che potessero meglio adattarsi ad un contesto di ceto medio, per quanto attraversato dai fremiti dello stile internazionale, come quello da noi proposto. La modellazione e la resa realistica di oggetti e materiali ha spesso rappresentato una sfida per Francesca Delli Ponti, ma la passione per la realizzazione ha permesso di superare progressivamente le difficoltà tecniche e organizzative incontrate e, ora, tutte le persone che hanno lavorato a questa nuova tranche del progetto MUVI si augurano di poter proseguire con il racconto di altre epoche storiche. Ci piace, infine, dedicare questo lavoro al ricordo di Donatella Vasetti, che non è più con noi. |